scritto e diretto da Lucilla Lupaioli
con Anna Bellato e Michela Fabrizi
Due attrici porno, che si conoscono appena, si ritrovano a condividere lo spazio squallido e inospitale, di un set improvvisato, durante una pausa di lavorazione di un film.
Il luogo fittizio, ospite di un incontro casuale e non voluto, diventa spazio privato di comunicazione, habitat improbabile e condiviso per due animali di razze diverse, che vi trovano reciproco ascolto e nutrimento. Due creature in gabbia dalle sembianze ferine, che, a tratti, sembrano sgretolarsi, abbandonare il controllo e mollare la preda: Gatta, che viene dalla strada, ex tossicodipendente, figlia di una borgata che fatica a cambiare, indurita e aspra ma inaspettatamente aggrappata al sogno di gioie piccole e mai godute, e Myra, che guarda lontano, contaminata dal desiderio di visibilità che grida dalle ferite di molti, fuggita da un paesino sperduto di un nord provinciale e immemore di speranze.
Annaspando alla ricerca di un linguaggio comune, schivano la diffidenza, si scoprono a ridere a immaginare a ricordare ad infuriare. Si ritrovano a rintracciare una strada per rinascere.
L’incontro fra Myra e Gatta è intimo, segreto, e la lingua usata è quella delle origini, il dialetto, lingua viscerale, non addomesticata, veicolo di altre lingue, fisiche, non verbali. Myra e Gatta si spiano e si lasciano spiare, e prima ancora che le parole, viene la frase detta dal corpo: un linguaggio che segue le regole di una grammatica personale, che si esprime attraverso codici primitivi e selvaggi.
Il corpo è nudo e racconta le ferite nascoste sotto la pelle, invisibili alla fretta e ai rumori della mente; il corpo è sporco, cuore, viscere e scorie, e ospita il soffio divino.
Il corpo di queste due attrici trattato come un tempio, come un imbuto, come un vuoto a rendere, come un abito smesso dal quale non ci si può distaccare, oltre a narrare una storia umana che diverte e commuove, vuole anche affermare che ovunque può annunciarsi, inaspettatamente, l’incanto e la brutalità di un autentico incontro.
Lucilla Lupaioli, gennaio 2010
…………………………………………………………………………………………………………………………………
DI VISCERE E DI CUORE
RECENSIONI
Di viscere e di cuore
“Di viscere e di cuore”, scritto e diretto da Lucilla Lupaioli, con Anna Bellato e Michela Fabrizi è andato in scena il 20 e il 21 giugno alla Galleria Toledo. Uno spettacolo coraggioso di corpi segnati, di anime violentate. Una pièce fortemente drammatica, volutamente esasperata nei toni, nei colori e, verrebbe da dire, anche negli odori e nei sapori, tanto le protagoniste riescono a fare immergere lo spettatore nelle melmose acque del loro vissuto. Il quotidiano è fatto di un lavoro, recitare nel cinema porno, che non ammette vie di mezzo: o si vive negando la realtà, raccontandosi di un domani che tarda a venire, mentre gli anni scivolano tra le dita; oppure si affronta turandosi il naso, nella convinzione che il presente non è neanche il più duro dei conti che il destino ha deciso di presentare.
Gatta e Myra si confidano, confrontano, scontrano e infine si confondono. La prima ha ben saldi i piedi per terra: poche fantasie, questo è un mestiere come un altro. Duro certo, ma sempre meglio di guadagnarsi da vivere facendo la prostituta fuori, al gelo. Gatta conta le pecorelle durante i suoi acrobatici incontri sessuali. Lei, in realtà, non è lì. Lì c’è solo il suo corpo, quello che ha il “cuore piccolo, inutile, veloce”. C’è Gatta, il nome d’arte, non Teresa.
Myra no. Myra è un’artista. Lei recita con passione. Perché ci vuole passione per far bene anche un lavoro come il suo. Perché lei è una professionista e il presente non è che un fugace momento nella prospettiva di una carriera assai più fulgida. E Myra si è persa dietro ai suoi sogni. Nega la sua realtà, nega il suo passato e vive protesa verso un futuro dispettoso che ancora tarda a trasformarsi in realtà. Myra è ormai l’immagine di uno specchio; lei non c’è più, non ha più un nome che non sia quello d’arte.
Alla fine, però, i ruoli si invertono. Gatta crede che sia ancora possibile, con una decisione repentina, dare una svolta alla propria vita, diventare una persona normale, quella che lei non è mai stata. Myra, invece, sa che non è possibile riemergere. Come una condanna senza appello, il marchio che gli uomini le hanno cucito addosso fin dall’adolescenza, quello di essere una puttana, ormai la stringe come una camicia di forza. È possibile sognare, non progettare.
Un’opera coraggiosa, si diceva, accolta con entusiasmo dal pubblico. Uno spettacolo che scardina i pregiudizi su un mondo celato dietro il tabù e, soprattutto, che racconta con voci di donna un universo fallocentrico.
Francesca Compagnino 22 GIUGNO 2010
DI VISCERE E DI CUORE
LA’ DOVE IL CORSPO ESPLODE AL FRINGE 2010
Aspettano sedute ai due lati del palcoscenico, una bionda in corsetto nero e una mora in vestaglia rosa shocking. Gli spettatori prendono posto, il sipario si alza su un imprecisato set porno dove le due attrici sono in procinto di girare. Questo l’inizio dello spettacolo “DIVISCEREEDICUORE” in scena il 20 giugno 2010 per la rassegna E45 Fringe Festival 2010 alla Galleria Toledo di Napoli, opera scritta e diretta da Lucilla Lupaioli, produzione Bluestoking in coproduzione con at.stones e actingcreazioni di Roma, da una idea di Furio Andreotti.
Atmosfera squallida e distratta, la bruna Myra dalla carnagione lunare ed un improbabile dialetto veneto cucito sulle labbra è la protagonista, l’altra è Gatta più corposa e sguaiata, con parrucca bionda e tipica cadenza romana, vivranno inattese complicità, esibendo nudità e diversità, riconoscendosi tra urla e abbozzati rifiuti in una toccante alleanza di sentimenti.
La scena si apre con Gatta che formula una asettica e straniante intervista sul lavoro di porno-star a Myra, è l’occasione per mettere a nudo lo pseudo-divismo di quest’ultima che presto si abbandonerà ad un liberatorio flusso di memoria, rivelando oltre la corazza la sua più autentica e fragile rassegnazione.
La bionda recita il disincanto e la crudezza di chi il ruolo minore non lo ha solo sulla scena ma anche nella vita, con origini da borgata romana, un passato da ex-tossica e prostituta di strada, vomiterà indifferenza e diffidenza insieme.
Il loro sarà un alternarsi di disillusioni e tenerezze, per la brutalità della vita e per qualche bel ricordo, con la rabbia che spesso ha il sopravvento, Myra la divina e Gatta la provocatoria si fronteggeranno, fino alla violenza di una colluttazione fisica, in questo gioco crudele che è anche una sorta di setting terapeutico in cui scandagliare i reciproci abissi di dolore e di desiderio, la comune fame di amore e la mistificazione, fino all’urlo finale di Gatta sulla sfondo della simulazione di un amplesso di Myra, poi il silenzio calerà il sipario.
Una drammaturgia senza intenti provocatori, lavoro di ricerca questo di Lucilla Lupaioli, in cui la realtà viene catturata e si esprime nei linguaggi carichi delle attrici, ora del corpo ora verbali, capaci di toccare “le corde più intime di un personaggio/persona” e di consegnare allo spettatore ferite umane che facciano meno male.
Le due porno-attrici, ognuna smaniosa di scappare dalle sue origini e con una personale idea di destino, restano abbarbicate ai propri dialetti, quasi a rimarcare una estraneità dal mondo di sfruttamento che le circonda, e comunque si abbandonano, recuperando autenticità mai del tutto compromesse. Trovarsi significherà riscoprire/coprire le nudità dei corpi con parole nuove e gesti smascheranti le finzione della loro quotidiana sessuale confidenzialità, ma servirà anche a scoperchiare le debolezze, facendole rivelare ‘familiari’ l’una all’altra, con tutto l’amore e la rabbia che si ha per le “cose di famiglia”.
Gatta e Myra non invertiranno la rotta della loro vita ma da questa ‘messa a nudo’ recupereranno la meraviglia e la sacralità del corpo, in un finale aperto ed ambiguo che è anche un punto di non ritorno, la consapevolezza infatti non lascerà nulla come prima, arrivando con irresistibile forza alle viscere ed al cuore, oltre che dei personaggi anche degli stessi spettatori.
Applauditissime le giovani interpreti, la veneta Anna Bellato/ Myra e l’attrice romana Michela Fabrizi/Gatta, di grande temperamento e tenuta scenica, hanno scavato i rispettivi personaggi con impronta espressionista, inchiodando con studiata gestualità lo spettatore in un altrove emotivo di indubbia provocazione e seduzione.
Già dirette dalla regista Lucilla Lupaioli, la Bellato nel 2007 in “Storie. Diario intimo fatto a pezzi” e la Fabrizi nel 2006 nel corto teatrale “Il Minotauro”, in questo allestimento interamente al femminile tutto sembra convergere, testo-regia-recitazione, per esprimere con forza la volontà di andare oltre le convenzioni di una realtà ciecamente limitante, per cogliere l’autenticità dell’essere attraverso l’energia di corpi che reclamano di essere raccontati quasi daccapo, nella loro “rivoluzione catartica e travolgente” quest’ultimo aspetto tra i motivi ispiratori della drammaturgia dell’autrice.
Poco importa avere certezze sul finale, se racconta di un corpo per l’ultima volta o di una finzione che ad infinito si replica, di certo con forte teatralità esplode il corpo, sulla soglia di un riscatto che dalle viscere punta dritto al cuore, in una rinascita sempre possibile .
Marisa Paladino 22 giugno 2010
LA CATTIVITA’ E IL BISOGNO
Metti una sera in un camerino due attrici, ma non due attrici di prosa o di cinema, bensì di film porno, che fra un ciak e l’altro trovano il tempo di scambiare quattro chiacchiere.
Il risultato è un incontro che diventa un momento di reciproco ascolto, di solidarietà e di conforto. Questo il tema dello spettacolo Di viscere e di cuore, scritto e diretto da Lucilla Lupaioli, in scena alla Galleria Toledo per il Fringe del Teatro Festival Italia.
Myra e Gatta, rappresentano due modi diametralmente opposti di vivere la stessa condizione di donna-oggetto, tanto da usare anche dei termini differenti per autodefinirsi: un più volgare ma realistico “attrice porno” per Gatta, un più sofisticato ed ingannevole “hard” per Myra. Una diversità che affonda le radici nei loro vissuti e nel percorso che le ha portate ad entrare nel mondo del cinema a luci rosse, nel quale ha avuto un ruolo determinante “l’uomo”, che nei racconti delle due donne assume sempre una connotazione negativa.
Myra, interpretata da Anna Bellato, è fuggita dalla realtà provinciale del paesino del nord-est in cui viveva, nel quale ormai era stata etichettata come una ragazza dai facili costumi, trovando una sua dimensione come attrice hard, al punto di arrivare ad identificarsi con il suo nome d’arte. Gatta, impersonata da Michela Fabrizi, è un’ex tossicodipendente, dura e aspra, che per necessità è arrivata anche a prostituirsi, ma si rivela inaspettatamente aggrappata al sogno di poter godere le piccole gioie di una vita normale.
Entrambe sono arrivate a fare le pornostar quasi per caso, non perché fosse il loro sogno di bambine, ma perché a volte le scelte, anche se non sono obbligate, sembrano seguire una linea tracciata dal destino dalla quale è difficile discostarsi. L’incontro fra le due donne è intimo e segreto, e la reciproca comprensione più che attraverso il linguaggio verbale passa attraverso un linguaggio fisico, dei corpi, quegli stessi corpi sfruttati e usati come una merce, che invece insieme ritrovano una dimensione umana.
Una solidarietà al femminile nata in uno spazio fisico, che in realtà è uno spazio interiore, così forte da portarle ad immaginare una vita diversa insieme, lontane da tutto e tutti, per reinventarsi un’esistenza. Ma è solo la follia di un attimo e il richiamo alla realtà è così forte per Myra che, allo schiocco di frusta dall’altoparlante che annuncia che la pausa è finita, è incapace di ribellarsi e di seguire il proprio istinto.
Brave le due interpreti, salutate da un lungo applauso del pubblico presente in sala, che sono riuscite a dare una forte carica di umanità e spessore psicologico ai due personaggi.
Sabrina Cozzolino
NAPOLI FRINGE FESTIVAL 2010
La storia di un’amicizia femminile sul set di un film porno
Si chiamano Myra e Gatta le protagoniste della pièce scritta e diretta da Lucilla Lupaioli, Di viscere e di cuore, in scena domenica 20 e lunedì 21 giugno, alle 21.00, al Teatro Galleria Toledo nell’ambito di E45 Napoli Fringe Festival.
Ventisettesimo dei trentotto in programma, Di viscere e di cuore racconta l’incontro inatteso e la nascita di un’amicizia profonda tra due attrici porno sul set di lavorazione di un film.
“L’incontro casuale – dichiara l’autrice e regista – diventa lo spazio privato di comunicazione, l’habitat improbabile, per due animali di razze diverse, due creature in gabbia dalle sembianze ferine, che a tratti sembrano sgretolarsi, abbandonare, mollare la sfida. Gatta viene dalla strada, indurita e aspra si aggrappa al sogno delle piccole gioie mai godute; Myra, ferita da molti, guarda lontano, contaminata dal desiderio di visibilità e di successo. La lingua delle origini, viscerale e non addomesticata, cede alla lingua selvaggia dei corpi delle due donne; corpi che svelano tracce segrete, sottopelle, inesplorate.”
Come in Darkroom, L’ultima cena, L’anello di Erode – interpretati, tra gli altri, da Claudio Santamaria – anche in questo Di viscere e di cuore, Lucilla Lupaioli indaga i sentieri intimi, scruta le zone d’ombra e più nascoste dei personaggi: “Una storia, quella di Myra e Gatta, che diverte e commuove, e ci racconta come ovunque può annunciarsi, inaspettatamente, l’incanto e la brutalità di un incontro autentico”.
Prodotto da Bluestocking, at.stones e Actingcreazione, di Roma, lo spettacolo dura un’ora e 15 minuti.
20/6/2010
LUNEDÌ 7 GIUGNO 2010
“Di viscere e di cuore”- intervista a Michela Fabrizi e Anna Bellato
L’incontro fortuito tra due attrici porno su di un set improvvisato, diventa territorio di reciproco ascolto. La lingua viscerale delle loro origini cede il passo alla lingua selvaggia dei loro corpi. Myra e Gatta, narrando una storia umana divertente e commovente al tempo stesso, ci raccontano che l’incanto di un autentico incontro può materializzarsi tra chiunque, anche due attrici porno, e ovunque. Il testo e la regia sono di Lucilla Lupaioli, prodotto da Bluestocking+at.stones+ ACTINGCREAZIONE di Roma. Lo spettacolo andrà in scena il 20 e il 21 giugno presso il Teatro Stabile Galleria Toledo alle ore 21.00.
La regista e le attrici Anna Bellato e Michela Fabrizi mi hanno gentilmente concesso un’intervista.
Alla mia domanda sulle difficoltà incontrate nell’approccio al personaggio, le due attrici rispondono:
«Abbiamo cercato innanzitutto di liberarci da eventuali preconcetti sul mondo che avremmo dovuto affrontare e sulle attrici porno in particolare, pregiudizio che poteva nascere, trattandosi di una condizione scelta o comunque non imposta.
Myra che sceglie questo mestiere per “non essere un nessuno qualunque” e Gatta che in questo lavoro trova la sua unica alternativa alla strada.
Lavorando attraverso il corpo abbiamo provato a risalire all’essenza dei personaggi, alle loro ferite, alle paure e ai sogni…scoprendo così un corpo usato che diventa strumento dei personaggi e di noi attori.
Myra e Gatta parlano con la lingua delle proprie radici, una lingua che abbiamo dovuto ritrovare e che inizialmente ci sembrava essere di ostacolo, ma che è diventata in seguito, un elemento fondamentale per arrivare alle viscere e al cuore dei personaggi che col tempo si sono rivelati sempre più vicini a noi.
Abbiamo cominciato a riconoscerci nei loro sogni e nelle loro ambizioni, ricordandoci di un piccolo paese da cui si vuole scappare o di un destino che ti può portare a fare scelte sbagliate. Sebbene le nostre vite siano molto diverse da quelle dei personaggi, ci siamo rese conto di quanti punti di contatto ci fossero. La voglia di riscatto, di successo e il desiderio di piacere, insieme alla consapevolezza di un sistema che ti vuole solo come oggetto sessuale, sono diventati elementi di un vissuto comprensibile e vicino.
Ma, soprattutto ci siamo rese conto di quanto possa diventare sottile il limite tra ciò che possiamo definire “giusto” e sbagliato”, “tra “morale ” e “immorale”, “pulito” e “sporco”, e quanto possa essere facile confondere il fare un prodotto “artistico” con il fare “porno” in un habitat dove i limiti sono confusi e disorientanti”».
A quali modelli drammaturgici fate riferimento e in che cosa vi discostate dagli stessi?
Lucilla Lupaioli dichiara: «All’interno della mia ricerca creativa come autrice e come drammaturga, mi interessa l’esplorazione del sociale attraverso le tracce lasciate dal sentimento umano, attraverso le domande che l’uomo si pone. Il sociale come itinerario non intellettuale, come emozione e materia viva nell’adesso. Amo seguire lo snodo dell’evolversi personale, intimo e spirituale che appartiene ad ogni uomo, alla ricerca, spesso con terrore, dell’accoglienza del mondo; che ne sia consapevole o no, il microcosmo che rappresenta sarà comunque lo specchio del macrocosmo nel quale vive con l’Altro. Più che della rivoluzione a furor di popolo, mi piace raccontare della rivoluzione sensibile, catartica, travolgente e urgente dell’individuo.
La realizzazione delle creazioni sceniche, che non parlano sempre lo stesso linguaggio perché sono di volta in volta specchio o distorsione di una porzione di realtà o di immaginario, passa sempre attraverso la cura, l’ascolto e il risveglio dell’essere umano e dell’Attore quale strumento creativo e detonare di immagini e di campi emotivi, che impara, attraverso il contatto con sé e attraverso l’osservazione/ascolto dell’altro, ad empatizzare con il suono, rumore e canto del mondo, siano essi armonia o snaturamento. Lavorare in profondità, per toccare le corde più intime di un personaggio/persona.
Lo sviluppo della mia drammaturgia, nasce in prima istanza dal viaggio intrapreso dal corpo e dall’osservazione del reale quale contenitore, oltre che di realtà oggettive, anche di realtà immaginarie, evocate o distorte. Captate e veicolate dai sensi vengono, dagli stessi, trasformate in linguaggi del corpo e della parola, linguaggi flessibili che non si possono ascrivere ad un unico metodo. Gli autori e i drammaturghi rivoluzionari del novecento capaci di raccontare le molteplici dimensioni del reale partendo dal cuore degli uomini, i miti e gli archetipi evangelici, restano fra le principali fonti di ispirazione».
Scelta coraggiosa portare il porno in teatro quando la maggior parte degli spettacoli è improntata all’impegno civile, soprattutto perché qui le donne non fanno solo le pornostar, ma anche le registe.
Anna Grazia Chirolli