di
Lucilla Lupaioli
con
Antonio De Stefano
Flavia Pinti
Claudio Renzetti
Costumi Alberta Andreotti
Scene e regia
Alessandro Di Marco
Sinossi
- Stavamo così bene prima
- Non direi
- Volevo dire prima di venire qui
- Non è mai stato un mondo per noi
In un rifugio di fortuna, in un futuro che ci spaventa e annidato già nel nostro presente, Bobo e Tancredi aspettano che arrivi colui che li salverà, il “messia” capace di trasportarli in un luogo pulito, migliore, lontano dalle contaminazioni della cultura divoratrice che impera e distrugge. Aspettano, Bobo e Tancredi, impreparati all’eventualità che si possa realizzare un presente diverso, scelto e conquistato. L’arrivo di Alma, creatura amata e idealizzata, che “sente cose soltanto” e ha avuto il coraggio di vivere la vita malsana dei molti, omologandosi e uniformandosi alle richieste della “civiltà” occidentale capace di consumare tutto e in fretta, sembra portare nel rifugio, uno specchio nel quale Tancredi e Bobo sono costretti a specchiarsi. In un clima che spesso devia verso un’involontaria comicità, i tre protagonisti si fanno portavoce dei desideri, le aspettative e le paure della collettività che credevano di aver lasciato fuori. La scoperta di una verità inattesa e sconvolgente, cambia le regole di una convivenza che mostra le sue falle e conduce i protagonisti verso un finale inaspettato, capace di traghettarli verso una prospettiva nuova, che inizia quando, in primo luogo, si concedono il lusso di fermarsi e di vedere. La realtà, con la sua cruda bellezza, si fa portavoce di una resurrezione che le illusioni non sarebbero state capaci di ipotizzare. Lucilla Lupaioli 2011
Nelle edizioni precedenti il cast era composto da Massimo De Santis, Alba Rohrwacher, Alessandro Roja e poi da Luca Basile, Flavia Pinti e Tiziano Scrocca
www.bricabrac-lospettacolo.tumblr.com
Note di regia
Esistono storie che si sentono, ancora prima di leggerle. E mentre si leggono, appaiono lentamente, piano, ma in modo distinto e inequivocabile. Bric a Brac, del 2004, testo significativo e foriero del nostro presente, di Lucilla Lupaioli – già andato in scena con la regia dell’autrice con un cast di giovani, allora ancora sconosciuti, Alba Rohrwacher, Alessandro Roja e Massimo De Santis – per me, è stato questo. Nel metterlo in scena, ho cercato di lavorare con gli attori ricreando, dentro di loro e sul palco, quel fuori che non entra mai sulla scena ma che è, comunque, protagonista di questo spettacolo. Un fuori che è fatto di paure, di mancanza di comunicazione, di cani che diventano lupi e mangiano anche quello che non dovrebbero mangiare; un fuori dove l’etica, la condivisione e il rispetto, sono valori che diventano di giorno in giorno, più inconsistenti. Un fuori buio e inospitale, freddo, in cui è difficile trovare una collocazione, a meno che non si risponda a canoni di adattabilità e uniformazione che non contemplano quei valori di fratellanza e rispettosa condivisone che spuntano sulla bocca di tutti, ma che abitano nell’esperienza di pochi.
La scenografia rappresenta un rifugio precario e provvisorio; un non luogo che, per i tre personaggi, si carica di significati lontani e intimi. Un territorio dell’infanzia, reale o immaginato, uno di quei nidi che tutti, prima o poi, abbiamo avuto o abbiamo cercato. In questo spazio ingombro di scarti del fuori ammassati senza un ordine preciso, Bobo e Tancredi vivono l’attesa del cambiamento in un tempo intriso di scontri, a volte comici e paradossali, e incontri vissuti sul terreno della memoria e della speranza. Ogni rumore, ogni abbaiare di cani, ogni sirena che sentono venire dal fuori, li precipita ogni volta in una realtà spaventosa e temibile. Una realtà avvelenata per cui, l’unico antidoto, sembra la fuga, veloce e senza mai, mai guardarsi indietro.
Il vissuto di Bobo e Tancredi racconta le ansie di una generazione che conosco e riconosco; quello che mi ha colpito in loro è la capacità, normale e sempre straordinaria in due amici storici e simbiotici, di comunicare senza quasi parlare, di dire senza bisogno di spiegare.
Nel disordine nel quale vivono ormai senza vederlo, l’arrivo di Alma genera una rottura. Alma con i suoi abiti griffati, il suo trucco perfetto, i suoi capelli che più biondi non si può, porta con sé le contraddizioni del fuori, con tutte le maschere, i codici e la cecità del mondo massificato e inconsapevole.
E sarà proprio l’arrivo di Alma a riportare i tre amici verso gli echi di esperienze dimenticate, verso linguaggi noti e amati, nei quali potrebbero ritrovarsi. E stare insieme. Senza andare. Ma il passato quando torna, si porta dietro, insieme alla rassicurante sensazione del già noto, anche la consapevolezza che è passato, ed è un trampolino verso il futuro. Sono tornati a guardare indietro, Tancredi, Bobo e Alma perché devono andare avanti; e adesso, anche se i cani continuano ad abbaiare feroci e minacciosi, forse, bisognerà ascoltarli.
Alessandro Di Marco 2011